Uomini e Trasporti di marzo ha dedicato al tema delle morti sul lavoro nell’autotrasporto (perché di questo si tratta quando si muore per strada in un incidente nel corso di un servizio di trasporto), denunciando come negli ultimi quattro anni le denunce per infortuni per malattie professionali all’Inail si sono moltiplicati in maniera clamorosa.
Ma lo stesso tema, a dire il vero può essere allargato ad altri settori e in qualche modo aggravato da alcune riflessioni. Andiamo infatti a vedere i dati Inail del 2017 nel loro complesso.
Le denunce di infortunio giunte a questo istituto sono state 635.433, con 1.029 vittime, 11 in più rispetto all’anno precedente. Ma il dato più clamoroso anche qui riguarda i casi di malattia professionale, cresciuti complessivamente del 14,8%.
Quali sono i settori più a rischio?
In particolare sono quattro, forse tra i più poveri, forse quelli che più hanno accusato la scure della crisi: l’edilizia, l’autotrasporto, le attività di magazzinaggio e, un po’ a sorpresa, l’agricoltura. Un dato forse rende l’idea dell’emergenza in quest’ultimo settore: gli incidenti nei campi causati con trattori agricoli sono diventati superiori a quelli che si registrano in autostrada.
Rispetto all’edilizia, invece, c’è da dire che se fino a ieri si moriva per l’esigenza di tagliare i costi e risparmiare sulla sicurezza, adesso si muore perché le commesse stanno riprendendo e le imprese, magari alleggerite nella struttura e nell’organizzazione in anni precedenti, tendono a correre e a sbagliare.
Le classifiche relative all’autotrasporto, invece, segmentano anche i settori più pericolosi, indicati in particolare nel trasporto container e in quello con cisterna di merci pericolose.
Infine in classifica spunta pure il magazziniere, altra figura professionale sempre più sotto stress che spesso corre sempre più veloce tra gli scaffali e spesso corre per caricare e scaricare veicoli.
E qui nasce la riflessione, magari ancora superficiale, ma comunque degna di approfondimento. Perché questa figura professionale con cui spesso l’autista di camion si interfaccia, da domani, secondo quanto prevede l’articolo 30 del nuovo contratto collettivo di settore siglato lo scorso dicembre, potrebbe anche sovrapporsi, almeno in parte, con lo stesso conducente.
In questo articolo, infatti, per la prima volta si allargano le competenze dell’autista oltre alla semplice preparazione della merce per il carico e allo scarico, per affermare invece che questi deve collaborare e/o effettuare direttamente l’intervento, con la sola eccezione prevista quando la merce è contenuta all’interno di container. Ma se deve effettuare lo scarico è chiaro – e il contratto lo dice – che sarà necessario per l’azienda formare l’autista alla guida del muletto e dotarlo di un vestiario ed eventuali attrezzature adeguati.
Prima di riorganizzare però il lavoro in tal senso è necessario un confronto a livello aziendale e anche la previsione di un corrispettivo per queste mansioni aggiuntive. Ma è ovvio che per concedere di più all’autista, l’azienda dovrà chiedere di più al committente.
Ci riuscirà? Difficile rispondere, anche se l’esperienza pregressa rispetto alla capacità del trasportatore di chiedere più soldi al suo committente non ha brillato per efficienza. In ogni caso si possono sollevare dubbi a livello di sicurezza: ma questo coinvolgimento di autisti stanchi in lavori ulteriori non finirà per aumentare l’approssimazione e quindi l’esposizione a incidenti?