Per spazio confinato si intende un qualsiasi ambiente limitato, in cui il pericolo di morte o di infortunio grave è molto elevato, a causa della presenza di sostanze o condizioni di pericolo (ad es. mancanza di ossigeno).
Alcune tipologie di spazio confinato sono facilmente identificabili per la presenza di aperture di dimensioni ridotte, come nel caso di:
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serbatoi;
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silos;
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recipienti adibiti a reattori;
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sistemi di drenaggio chiusi;
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reti fognarie.
Altri tipi di spazi confinati, non altrettanto facili da identificare ma ugualmente pericolosi, potrebbero essere:
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cisterne aperte;
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vasche;
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camere di combustione all’interno di forni;
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tubazioni;
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ambienti con ventilazione insufficiente o assente.
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 260 dell’8 novembre 2011 è stato pubblicato il Decreto Presidenziale 177 del 2011 che contiene il Regolamento per la sicurezza negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati.
Il Provvedimento individua i requisiti che devono possedere le imprese per poter operare in ambienti sospetti di inquinamento o confinati.
A tal fine, risulta necessario che:
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siano integralmente osservate tutte le disposizioni in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e misure di gestione delle emergenze;
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sia impiegato personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati;
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siano effettuate le attività di informazione e formazione di tutto il personale;
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siano consegnati i dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati;
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siano effettuate le attività di addestramento di tutto il personale impiegato per le attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati;
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siano rispettate le vigenti previsioni, ove applicabili, in materia di Documento Unico di Regolarità Contributiva;
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integrale applicazione della parte economica e normativa della contrattazione collettiva di settore
Detto ciò, riporto di seguito un infortunio avvenuto il 04.08.2017.a San Severo (FG) alle ore 11.45.
Azienda che si occupa di impianti elettrici, effettua una manutenzione in una vasca in cemento interrata ma aperta, dotata di scala (vedi immagine), però l’impianto è dislocato lontano dalla scala ancorata e chiusa, pertanto gli impiantisti devono scendere una scala telescopica per poi posizionarla vicino all’area di manutenzione, erano in due ad eseguire questa operazione, ed è il 04 agosto, la temperatura è intorno ai 42°, sotto la vasca ci sono gli elementi di rotazione in metallo facenti parte dell’intera struttura.
Uno dei due operai sale sulla scala, non ritiene opportuno ancorare la scala, non ritiene opportuno ancorare se stesso ,ed ecco è a 2,20 mt di altezza , l’altro giù sta eseguendo altra mansione, il pavimento è viscido, ed in un momento l’operaio cade a peso morto dalla scala, eccolo è li, perde i sensi, esce sangue dalla testa….! Cosa è successo?
Considerando la temperatura, abbiamo detto 42°, all’interno della vasca non arieggiata la temperatura era ancora più alta, l’operai accusa un malore a causa dell’elevata temperatura, e non essendosi ancorato, è caduto a peso morto, arrecandosi non solo lesioni al cranio, ma uno schiacciamento polmonare .
È necessario ribadire che,la cultura della sicurezza deve partire prima dal valore della vita, se non si comprende cosa possiamo perdere per una disattenzione, per noncuranza, o perché dobbiamo fare in fretta per poter fare altre cose, se non si comprende che restare su una sedia a rotelle o restare paralizzati dal collo in giù, rendendo la vita non più vita ma un vegetare, come possiamo dare valore alla cultura per la sicurezza per la vita!
Ritengo che il ruolo di formatore in materia di sicurezza, sia un “ruolo” che contiene in se un valore aggiunto, che non è il semplice trasmettere la conoscenza di cosa ci dice la normativa, di come ci si protegge, indossando i giusti Dpi, ma significa comunicare contestualmente che siamo lì per potenziare e rafforzare la coscienza del rischio di cosa possiamo perdere il dono più bello, quello della vita!
La vita di un lavoratore è la vita di un padre di famiglia, è la vita di un ragazzo che inizia il suo percorso nell’ambito lavorativo, con tutti i suoi sogni e i suoi progetti futuri. È la vita di una mamma che quando ritorna a casa abbraccia i suoi ragazzi e chiede loro “come è andata a scuola”. La vita di un lavoratore ha tante vite: belle, brutte, difficili, ma vite!
Ed è questo il valore aggiunto che bisogna trasmettere. Ho dedicato questo articolo agli spazi confinati perché è un ambito complesso, in cui gli infortuni tendono a non abbassarsi. Pertanto c’è qualcosa che non funziona e forse il problema sta proprio nella non giusta formazione ed addestramento che si eroga.
Molto spesso, quando faccio formazione i miei discenti mi chiedono ad inizio corso: «a che ora finiamo?» ed io rispondo: «presto!». Ma quando iniziamo ed io mi interfaccio con loro, il tempo passa ed alla fine, sforando il tempo che avevamo a nostra disposizione, mi dicono «abbiamo già finito?».
Quindi una formazione partecipata e condivisa funziona e fa crescere l’interesse verso ciò che detiene un importanza “vitale”!
Poniamo attenzione tutti al lavoro che ci appropinquiamo a fare. Anche il formatore deve porre attenzione a ciò che trasmette. Le parole hanno valore e forse le nostre potrebbero salvare delle vite! Se l’operatore che è caduto prima di scendere si fosse posto il problema “Ma giù farà più caldo? Sarà meglio fare questa operazione di mattina presto”, e poi eseguendo una ispezione preventiva, avrebbe potuto vedere che era fondamentale prima crearsi un punto di ancoraggio.
La prossima volta – ne sono sicura – farà attenzione ad ogni aspetto. Ma era necessario subire un evento cosi lesivo per imparare la lezione?