Niente risarcimento da infortunio sul lavoro per chi deliberatamente rifiuta il vaccino anti Covid. Sembra essere questa la conclusione a cui giungerà l’Inail al termine dell’istruttoria aperta dopo che 15 infermieri dell’ospedale San Martino di Genova, che avevano detto no al vaccino, ora sono positivi al Coronavirus. Un precedente che di certo farà storia, non solo nei confronti dei sanitari ma potenzialmente di tutte le categorie lavorative, e su cui l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro si esprimerà nelle prossime settimane.
Inail: no al risarcimento dei sanitari che non si vaccinano contro il Covid
Al termine della prima fase di vaccinazione 593 dei 3.120 infermieri e tecnici del maggiore ospedale della Liguria, il San Martino di Genova per l’appunto, hanno scelto di non ricevere la somministrazione a cui avevano diritto. Quindici di loro, nei giorni seguenti, si sono contagiati mentre erano al lavoro. Da qui il quesito sollevato all’Inail dal direttore amministrativo della struttura, Salvatore Giuffrida, e cioè: “Ammalarsi in corsia dopo aver detto no al vaccino va considerato infortunio sul lavoro, con l’insieme di tutele che ne deriva? O il dipendente andrà considerato in semplice malattia?”.
Nel 2020 è stato deciso che aver contratto l’infezione, per il personale sanitario, era da ritenersi un infortunio sul lavoro, ma non c’erano ancora i vaccini. L’istruttoria dell’Inail sembra essere ancora agli inizi, ma, come si legge sul Corriere della Sera, su un punto l’orientamento sembra già consolidato, e cioè che in questo caso il contagio non può essere considerato infortunio sul lavoro, anche se di fatto il vaccino non è obbligatorio. E non è un aspetto di poco conto. “A mio giudizio — ha commentato l’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, oggi nel consiglio di Amministrazione dell’Inail — è logico che chi decide di non vaccinarsi e svolge una mansione a rischio poi non possa chiedere il riconoscimento dell’infortunio sul lavoro. Anzi, dovrebbe essere messo nelle condizioni di non essere un pericolo per sé e per gli altri, evitando il licenziamento, ma svolgendo mansioni che non hanno contatto con il pubblico”.