L’amministratore condominiale che stipula un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguire nell’interesse del condominio assume la posizione di committente se gli vengono riconosciuti una autonomia di azione e concreti poteri decisionali per cui, come tale, è tenuto all’osservanza degli obblighi di verifica dell’idoneità tecnico-professionale, di informazione dei rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro nonché di cooperazione e coordinamento nell’attuazione delle misure di prevenzione.
Questo è un indirizzo che è stato già fornito dalla suprema Corte in una precedente sentenza la n. 42347 del 15/10/2013, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “ Appalto interno: le responsabilità dell’amministratore condominiale”, con la quale la stessa ha annullata la sentenza di condanna emanata dal Tribunale a carico di un amministratore condominiale perché ritenuto responsabile per un infortunio accaduto in un condominio rinviandola allo stesso Tribunale per un nuovo esame e perché esso valutasse sia la effettiva .autonomia della quale disponeva l’amministratore che i poteri decisionali allo stesso concretamente attribuiti.
Nella sentenza che ora si commenta, emanata a seguito del ricorso presentato da un amministratore condannato perché ritenuto responsabile di un infortunio mortale accaduto a una dipendente di un’impresa di pulizie investita dalla cabina di un ascensore nel mentre provvedeva a pulire delle grate di protezione, la Corte di Cassazione, essendo stata contestata all’imputato anche la violazione dell’art. 26 del D. Lgs. n. 81/2008, ha precisato che tale articolo non va applicato nel caso in esame (lo scrivente lo aveva già sostenuto nel commentare la precedente sentenza n. 42347/2013) in quanto l’articolo stesso indica quale titolare degli obblighi in materia di sicurezza espressamente e unicamente il datore di lavoro e ricordato che non è possibile in materia penalistica, in ossequio al principio di stretta legalità, estendere i detti obblighi ad altri soggetti.
Il fatto, le condanne e il ricorso per Cassazione
Un amministratore condominiale ha ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello con la quale era stata confermata la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui all’art. 589 cod. pen., perché in qualità di committente dei lavori di pulizia della porzione superiore delle grate poste a protezione di un vano ascensore, aveva omesso di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa di pulizie e di verificare che fosse stata fatta una compiuta valutazione dei rischi relativamente alle operazioni di pulizia e in particolare dei rischi e pericoli riguardanti le operazioni da svolgersi su grate e ascensori e che fosse stata inoltre prevista la disattivazione dell’alimentazione elettrica dell’elevatore nel corso dei lavori di pulizia, così concorrendo con l’amministratore unico dell’impresa alla morte della dipendente la quale, mentre svolgeva operazioni di pulizia della porzione superiore delle grate, veniva colpita dalla cabina dell’ascensore, azionata in discesa da una condomina, decedendo in conseguenza delle lesioni subite.
Il ricorrente ha motivato il ricorso sostenendo di non essere, come amministratore, titolare di alcuna posizione di garanzia, in quanto l’appalto dei lavori di ripulitura delle grate dell’ascensore era stato deciso ed assegnato mediante una delibera assembleare alla quale lo stesso era vincolato e a cui era tenuto a dare corretta attuazione, senza alcun autonomo potere di azione né di ingerenza in ordine ai lavori deliberati. Sia l’idoneità tecnica che la capacità organizzativa della impresa di pulizie, ha inoltre sostenuto, erano state valutate direttamente dall’assemblea condominiale per cui non era da applicarsi la disciplina di cui al D. Lgs. n. 81 del 2008 essendosi limitato a dare attuazione alla delibera assembleare e non esplicando alcun ruolo nell’esecuzione e nell’organizzazione dei lavori. L’art. 26 del D. Lgs. n. 81 del 2008, ha infatti precisato il ricorrente, ha indicato espressamente e unicamente il datore di lavoro quale titolare degli obblighi in materia di sicurezza, non essendo inoltre possibile in materia penalistica, in ossequio al principio di stretta legalità, estendere i detti obblighi ad altri soggetti. Il titolare dell’impresa di pulizia che ne era anche direttore tecnico, era quindi l’unico ad avere l’obbligo di impartire le istruzioni ai dipendenti e di verificarne l’esatta osservanza da parte loro delle disposizioni di legge. Oltre tutto i lavori affidati erano semplici e non richiedevano, da parte sua, alcun controllo continuo e capillare.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione
Il motivo di ricorso presentato dall’imputato relativo alla posizione di garanzia è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione. E’ stato infatti condivisibilmente sostenuto in giurisprudenza, ha osservato la suprema Corte, che “l’ amministratore che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio può assumere, ove la delibera assembleare gli riconosca autonomia di azione e concreti poteri decisionali, la posizione di committente” e , come tale, è tenuto all’osservanza degli obblighi di verifica della idoneità tecnico-professionale della impresa appaltatrice, di informazione sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro e di cooperazione e coordinamento nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione (Cass., Sez. 3, n. 42347 del 18/09/2013). Il giudice quindi avrebbe dunque dovuto analizzare la questione inerente alla ravvisabilità, in capo all’amministratore del condominio, di una autonomia di azione e di concreti poteri decisionali eventualmente conferitigli, in relazione ai lavori in esame, dalla delibera assembleare.
Il giudice invece, secondo la Cassazione, si era limitato ad affermare apoditticamente che l’assemblea aveva deliberato all’unanimità la sostituzione della ditta incaricata della manutenzione dell’ascensore, lasciando poi l’amministratore arbitro della situazione e responsabile dell’impostazione del rapporto con la nuova ditta appaltatrice, senza chiarire da quali risultanze abbia desunto tale conclusione. Non si è potuto quindi comprendere se l’impresa di pulizie fosse stata individuata dall’amministratore, che avesse presentato all’assemblea tale impresa come affidabile, o da qualcuno dei condomini; se l’assemblea inoltre avesse valutato direttamente l’idoneità tecnico-professionale della impresa prescelta o se avesse dato mandato all’amministratore di verificarla; se la compiuta valutazione del documento di valutazione dei rischi fosse stata effettuata prima dell’assegnazione dell’incarico, e da chi, e dunque già tenuta in considerazione dall’assemblea all’atto dell’assegnazione dell’incarico o se l’assemblea avesse conferito mandato al riguardo all’amministratore; se l’assemblea non avesse dato alcuna precisa direttiva all’amministratore, conferendogli un’ampia autonomia decisionale ed operativa, oppure se lo avesse incaricato esclusivamente di dare pedissequamente esecuzione alla deliberazione assembleare, senza alcuna possibilità di ulteriore valutazione. Né si sono potute desumere significative indicazioni al riguardo, ha aggiunto la Sez. IV, sia pur implicitamente, ma in modo sufficientemente chiaro, dal complessivo apparato giustificativo a sostegno della decisione adottata per cui si è in presenza di un vizio di mancanza di motivazione.
La Corte di Cassazione ha condivise anche le osservazioni formulate dal ricorrente sul fatto che non fossero applicabili le disposizioni di cui agli articoli 90 e 26 del D. Lgs. n. 81/2008 allo stesso contestate. Non è sussistente la violazione da parte dell’amministratore condominiale dell’art. 90 del D. Lgs. n, 81/2008, ha aggiunto la suprema Corte, perché allo stesso non può essere attribuita la qualità di committente, poiché committente era il condominio di cui lo stesso era il rappresentante. Solo nel caso in cui fosse stato dimostrato il conferimento all’amministratore, da parte dell’assemblea condominiale, del potere di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa di pulizie e di effettuare una disamina del documento di valutazione dei rischi avrebbe potuto ritenersi applicabile l’art. 90 del D. Lgs. n. 81/2008 (a parere dello scrivente l’art. 90 non era applicabile nel caso in esame più precisamente perché il fatto non era accaduto in un cantiere temporaneo o mobile nel qual caso sono applicabili le norme di cui al Titolo IV del D. Lgs. n. 81/2008 nel quale è riportato lo stesso art. 90).
Per quanto attiene invece all’art. 26 quest’ultima norma, ha precisato la Sez. IV, si riferisce esclusivamente al datore di lavoro e la sua portata precettiva non può essere estesa a soggetti diversi e non contemplati dalla norma per cui non si poteva contestare all’imputato una mancata cooperazione colposa con il datore di lavoro della lavoratrice infortunata. In mancanza inoltre dell’aggravante della violazione di norme antinfortunistiche, il reato contestato al ricorrente di cui all’art 589, comma 1 del codice penale era da ritenersi estinto.
La Cassazione in definitiva ha annullata senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali nei confronti dell’amministratore condominiale perché il reato è estinto per prescrizione e ha annullata la stessa sentenza agli effetti civili nei confronti dello stesso amministratore nonché del condominio, responsabile civile, rinviandola, per nuovo giudizio, al giudice civile competente per valore in grado di appello.