In Italia il numero dei matrimoni è, da anni, in forte calo: questo non significa che le persone non si amano più ma, semplicemente, che sono molto più caute rispetto al passato. La crisi economica ha minato le certezze future; l’ingresso nel mondo del lavoro avviene sempre con maggiore ritardo, così da rinviare l’atteso giorno. Oltre a ciò, v’è da dire che una buona dose di sfiducia accompagna quanti devono ancora fare il loro ingresso accompagnati dalla marcia nuziale: che il matrimonio sia la tomba dell’amore pare una convinzione scientificamente dimostrata dal numero impressionante di coppie che scoppiano in brevissimo tempo.
Questi sono solo alcuni dei motivi che inducono gli italiani a optare per altre forme di unione, quale la convivenza o il fidanzamento perpetuo. Con questo articolo cercheremo di dare una risposta al seguente quesito: conviene sposarsi?
Perché conviene sposarsi?
Cominciamo la nostra analisi illustrando i possibili motivi per cui sposarsi conviene ancora oggi.
Innanzitutto, il matrimonio rimane l’istituto più completo dal punto di vista della regolamentazione degli effetti giuridici conseguenti all’unione di due persone: chi si sposa (sia con rito civile che con rito concordatario) decide di condividere appieno la propria vita con quella del coniuge, con effetti non solo economici, ma anche morali.
Secondo il codice civile, con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e doveri; da esso deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione [1]. Quello della coabitazione, in particolare, è un vero e proprio obbligo, nel senso che un coniuge non può abbandonare ingiustificatamente il tetto familiare.
Dal punto di vista economico, la legge dice che entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.
Al momento del matrimonio, i coniugi decidono se il regime patrimoniale dei loro beni sarà quello di comunione o di separazione: nel primo caso, (quasi) tutto ciò che entrerà nel patrimonio familiare successivamente al matrimonio sarà di entrambi i coniugi, indifferentemente da chi l’abbia effettivamente guadagnato.
Anche dal punto di vista successorio, il matrimonio garantisce al coniuge superstite il diritto ad una parte dell’eredità, diritto che non può essere in nessun modo messo in discussione e che non si perde nemmeno in caso di separazione personale.
Unioni civili: perché non sono come il matrimonio?
Dal 2016 anche in Italia è stato introdotto l’istituto delle unioni civili [2]. Si potrebbe quindi obiettare dicendo che non conviene sposarsi quando è possibile fare ricorso a questa diversa tipologia di connubio. L’affermazione è parzialmente vera, anche se va detto che tra unioni civili e matrimonio corrono delle profonde differenze:
- l’unione civile può riguardare tanto persone dello stesso sesso che di sesso diverso (in questo caso, tuttavia, la legge parla di «convivenza di fatto», non di unione);
- l’unione civile, pur estendendo alla coppia molti dei diritti e dei doveri tipici del matrimonio, non riconosce espressamente l’obbligo di fedeltà né quello di collaborazione. Pertanto, gli obblighi reciproci derivanti dall’unione civile a carico delle parti riguardano la coabitazione e l’assistenza morale e materiale;
- nel matrimonio la moglie aggiunge il cognome del marito al proprio, mentre per l’unione civile è possibile che la coppia scelga il cognome di famiglia: le parti, mediante dichiarazione all’ufficiale di stato civile, possono indicare un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi. Inoltre, i partner potranno anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome, se diverso;
- in caso di scioglimento dell’unione civile, esso ha effetto immediato e non è previsto nessun periodo di separazione.
Perché non conviene sposarsi?
Detto del perché conviene sposarsi e delle differenze tra matrimonio e unione civile, vediamo ora perché sposarsi non conviene proprio. Cominciamo dal principio.
Organizzare un matrimonio comporta spese davvero ingenti, non solo per i promessi sposi, ma anche per le loro famiglie: l’inizio di una nuova vita è costoso e implica uno sforzo economico notevole.
Come detto, il matrimonio obbliga i coniugi a vivere sotto lo stesso tetto (salvo esigenze lavorative o altri casi particolari): tanta vicinanza, alla lunga, non sempre fa bene alla coppia, la quale potrebbe sentirsi “soffocare” e privare dei propri spazi personali. Vicinitas est mater discordiarum, dicevano i latini.
Le dolenti note, però, giungono nel caso di crisi coniugale: separarsi prima e divorziare poi costa un bel gruzzoletto in termini di spese legali. Per non parlare poi dell’affidamento della prole, vero e proprio campo di battaglia dove marito e moglie (e i rispettivi legali) affilano le armi per un duello all’ultimo sangue.
Dalla separazione e dal divorzio consegue, poi, l’obbligo per il coniuge economicamente più “forte” di versare un assegno di mantenimento all’altro, assegno che, molte volte, rappresenta un peso troppo grande da sostenere.
note
[1] Art. 143 cod. civ.
[2] Legge n. 76/2016 del 20.05.2016.