Con un documento pubblicato a fine maggio l’Inail, l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione sugli Infortuni sul Lavoro, ha riproposto il tema del rischio sul luogo di lavoro in presenza di amianto naturale.
L’amianto è un minerale presente in natura o, meglio, un insieme di minerali fibrosi (crisotilo, crocidolite, amosite, tremolite, antofillite, actinolite), sfruttati e commercializzati fino alla messa al bando sancita dalla legge n.257 del 27 marzo 1992.
Questi minerali sono costituiti da fibre che, in certe condizioni e se inalate, possono entrare in profondità negli alveoli polmonari con rischi che, ormai da diversi anni, sono stati ufficialmente riconosciuti come rischi cancerogeni.
E proprio in occasione della Settimana europea contro il cancro, che si svolge ogni anno dal 25 al 31 maggio, ci soffermiamo su un nuovo documento pubblicato dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro ( Inail) e dal titolo “Amianto naturale e ambienti di lavoro” che riporta lo stato dell’arte sulla presenza, nel nostro Paese, di amianto di origine naturale (Naturally Occurring Asbestos – NOA) evidenziando le problematiche gestionali e formulando utili soluzioni di sicurezza.
Il documento, realizzato dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti ed insediamenti antropici (DIT) insieme alla Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione (Contarp), nasce da una specifica ricerca “indirizzata a caratterizzare, anche per la prevenzione dei rischi lavorativi, i siti con presenza di amianto naturale in Italia”. La ricerca presenta anche specifiche indicazioni operative per attività lavorative come l’estrazione e lavorazione di pietre ornamentali e di pietrisco, le bonifiche di siti contaminati da amianto naturale, gli scavi per gallerie stradali e ferroviarie, gli scavi e opere di urbanizzazione, le lavorazioni agrarie e la rimozione e smaltimento/bonifica di ballast (con riferimento allo strato di pietrisco utilizzato in ambito ferroviario).
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Dove può essere presente l’amianto naturale?
Il documento, nella parte introduttiva, ricorda che in Italia, per la sua conformazione geologica, esistono “diversi affioramenti di rocce che possono contenere amianto naturale e che sono state sfruttate per l’estrazione del minerale grezzo”.
La pubblicazione ha l’obiettivo di “diffondere informazioni e conoscenze attraverso la trattazione e la descrizione delle evidenze geologiche e delle attività lavorative che possono insistere su aree con presenza di amianto naturale, al fine di migliorare la consapevolezza per la gestione di tali situazioni”. E rappresenta “una sintesi delle conoscenze relative alla gestione dei siti con presenza di Noa in Italia”, con un carattere, come indicato in premessa, “volutamente operativo e non solo informativo”.
In particolare sono riportate le informazioni in merito agli affioramenti italiani di ofioliti (note più comunemente con il nome di rocce verdi o pietre verdi), che rappresentano le principali modalità in cui si possono riscontrare i minerali di amianto.
Si ricorda poi che i principali fattori antropici che contribuiscono all’affioramento di rocce, di litotipi (unità elementare di un corpo roccioso) contenenti amianto, “da cui può essere prodotta aerodispersione di fibre”, sono legati ad “attività produttive (industrie estrattive, lavorazione di litoidi, realizzazione di infrastrutture, reti di sottoservizi) o a insediamenti urbani”.
E dunque il documento riporta specifiche indicazioni tecniche per favorire la messa in atto di tutte le misure di prevenzione necessarie, prima dell’inizio delle lavorazioni, “anche in caso di situazioni di potenziale presenza di amianto”.
I rischi generati dalla presenza di amianto naturale
Sappiamo che il rischio amianto è generalmente correlato alla presenza antropica di “materiali contenenti amianto”, “alla dismissione degli stabilimenti di produzione ai sensi della l. 257/92 ed alla gestione dei rifiuti prodotti a seguito delle attività di bonifica”, come ricordato anche in altri recenti documenti dell’Inail.
Anche la questione dell’amianto di origine naturale è stata oggetto di numerosi studi scientifici, “legati agli aspetti relativi alla geologia, alla mappatura dei siti, allo sfruttamento del suolo e solo recentemente alla tutela dei lavoratori”.
Si ricorda che in letteratura il termine Noa si riferisce dunque a “quei minerali, rinvenibili in rocce e terreni, che possono essere rilasciati nell’aria da attività antropiche o da processi geomorfologici. Se non disturbati, non si produce aerodispersione di fibre e di conseguenza non vi sono rischi per la salute umana”. Tuttavia nel documento viene proposta una “definizione più estesa”.
In particolare con il termine “amianto naturale” (Noa) ci si riferisce generalmente ai ‘minerali di amianto contenuti in rocce ofiolitiche, affioranti o sepolte, in quantità e localizzazione variabili non definibili in via preventiva, le cui fibre possono essere rilasciate nell’ambiente per effetto di attività antropiche o di agenti esogeni’.
Inoltre esistono “casi meno estesi di rinvenimento di minerali di amianto contenuti in rocce metamorfiche (marmi metamorfici val d’Ossola) e sedimentarie (formazione del Frido, confine calabro-lucano) non appartenenti a termini ofiolitici. Dato che le rocce ofiolitiche non contengono sempre minerali di amianto e che la loro estensione non coincide necessariamente con quella dei minerali di amianto, nell’ambito di un’indagine preliminare su base cartografica, la presenza di Noa è solo ipotizzabile”. E nelle aree in cui il “rinvenimento di minerali di amianto naturale non è stato accertato da indagini geopetrografiche specifiche, è opportuno pertanto approfondire tale conoscenza al fine di intraprendere misure cautelative per gli addetti ad attività che possono interessare l’area in questione”.
Si segnala poi che “i minerali asbestosimili non rientrano nei Noa” ma nel documento sono prese in considerazione “alcune esperienze di gestione di attività antropiche con presenza di tali minerali”.
Ricordiamo che la presenza di affioramenti di Noa in Italia “è ampiamente documentata dalla letteratura scientifica: si tratta principalmente di crisotilo e tremolite, meno diffuse actinolite e antofillite, mentre crocidolite e amosite non sono state mai documentate”.
Rimandiamo, infine, alla lettura integrale del documento che affronta le situazioni di “potenziale aerodispersione di fibre di amianto presenti nelle polveri generate dal disturbo meccanico di rocce in situ o dal risollevamento di polveri già depositate a terra, dovuti ad attività antropiche”.
Scarica il documento da cui è tratto l’articolo:
Per consultare il documento dell’Inail: Amianto naturale e ambienti di lavoro