Come etichettare le miscele pericolose

Un documento prende in esame tutte le procedure necessarie per tutelare la sicurezza dei lavoratori impegnati a maneggiare sostanze potenzialmente tossiche o nocive.

Il Regolamento (CE) n. 1272/2008 (Regolamento CLP) ha il fine, attraverso la classificazione e l’etichettatura delle sostanze chimiche, di assicurare che i lavoratori e i consumatori siano informati obbligatoriamente e in modo chiaro dei rischi associati all’utilizzo di sostanze chimiche. E impone “a tutti gli attori della catena d’approvvigionamento (fabbricanti, importatori, utilizzatori a valle e distributori) l’obbligo di cooperare per soddisfare tutti requisiti in materia di classificazione di sostanze e miscele”.

In particolare “i quattro passaggi fondamentali per la classificazione di sostanze e miscele comportano:

  • raccogliere tutte le informazioni disponibili sulle sostanze, singole o in miscela, oggetto di interesse;
  • esaminare le informazioni raccolte per garantirne adeguatezza e attendibilità;
  • valutare le informazioni disponibili rispetto ai criteri di classificazione enunciati nel Regolamento CLP;
  • decidere quale sia l’adeguata classificazione”.

A ricordarlo e a permetterci di fare un riepilogo di alcuni aspetti importanti del Regolamento CLP, con particolare attenzione all’etichettatura delle miscele pericolose, è un intervento presente nel documento “ CLP-REACH_2020 – Sanificanti dei Luoghi di Vita e di Lavoro: Etichettatura, Scheda di Dati di Sicurezza, Notifica e Tecnologie” che raccoglie gli atti – pubblicati dall’ Azienda USL di Modena e curati da C.Govoni, G.Gargaro e R.Ricci – dell’omonimo convegno che si è tenuto online il 2 dicembre 2020 durante la manifestazione Ambiente Lavoro 2020.

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La classificazione delle miscele e la comunicazione del pericolo

L’intervento “L’applicazione del Regolamento CLP e l’etichettatura delle miscele pericolose” – a cura di M. Alessandrelli (Istituto Superiore di Sanità), M.L. Polci (ISS, Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria – Ministero della Salute), L. Scimonelli (ISS, Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria – Ministero della Salute) – segnala che le miscele (definite dall’articolo 2 del Regolamento) in quanto costituite da 2 o più composti chimici “si classificano sempre attraverso il processo di autoclassificazione applicando i criteri stabiliti dal Regolamento CLP”.

E le informazioni necessarie per classificare le miscele “comprendono i risultati dei test per le proprietà chimico-fisiche e, se disponibili, i risultati dei test per le proprietà tossicologiche ed ecotossicologiche”. È poi possibile “classificare le miscele per analogia con un miscela di composizione simile, per la quale si hanno dati derivanti da saggi (applicazione dei principi ponte), o per calcolo in base alle proprietà dei componenti”. E se “si deve classificare una miscela ottenuta a partire da una o più miscele è necessario considerare i dati associati a ciascuna delle miscele componenti”.

L’intervento indica poi che una volta determinato se una sostanza o una miscela presentano proprietà tali da essere classificate come pericolose, “è fondamentale che i pericoli individuati da fabbricanti importatori utilizzatori a valle e distributori siano comunicati lungo la catena d’approvvigionamento”. E come ricordato in numerosi articoli la comunicazione del pericolo avviene “attraverso la Scheda di Dati di Sicurezza (SDS), destinata agli utilizzatori industriali e professionali”, e “l’etichetta destinata al consumatore per avvertire della presenza di un pericolo ed evitare l’esposizione (Titolo III del Regolamento CLP)”.

Si sottolinea poi che, sia per le sostanze sia per le miscele, le informazioni relative alla classificazione e l’etichettatura riportate nelle schede di dati di sicurezza “devono coincidere con quelle fornite nelle etichette in conformità al Regolamento CLP”.

Si ricorda poi che:

  • “l’etichetta comunica informazioni di base che traducono schematicamente le categorie di pericolo;
  • laddove le informazioni non vengono fornite affatto o vi sono inadeguatezze nelle informazioni presenti nella SDS associata, si verificano pesanti ripercussioni per gli attori a valle della catena di approvvigionamento;
  • una classificazione errata determina un’etichettatura sbagliata e configura una potenziale diffusione di informazioni erronee sia sulla manipolazione sicura delle sostanze e miscele sia sulle eventuali misure di gestione del rischio da adottare”.

Gli attori della catena di approvvigionamento e le indicazioni dell’etichetta

Sempre con riferimento alla presentazione del Regolamento CLP, i relatori indicano che “condizione basilare per poter classificare ed etichettare correttamente” è individuare, a norma del Regolamento, “ruolo ed obblighi degli attori che costituiscono la catena di approvvigionamento”.

In particolare i fabbricanti, gli importatori e gli utilizzatori a valle classificano “le sostanze e le miscele prima di immetterle sul mercato (articolo 4(1) del CLP) e notificano le classificazioni delle sostanze (incluse nelle eventuali registrazioni REACH) all’Inventario delle classificazioni ed etichettature gestito dall’ECHA”.

Inoltre i fornitori “assicurano che la sostanza o la miscela siano etichettate e imballate conformemente al CLP prima di immetterle sul mercato”.

Si indica poi che se una sostanza o una miscela sono classificate come pericolose e sono contenute in un imballaggio, “quest’ultimo deve essere provvisto di un’etichetta in cui figurano, in base all’articolo 17 del CLP, i seguenti elementi:

  1. nome, indirizzo e numero di telefono del fornitore o dei fornitori;
  2. la quantità nominale della sostanza o miscela contenuta nel collo messo a disposizione dal pubblico, se non indicata altrove;
  3. gli identificatori del prodotto specificati all’articolo 18 del CLP;
  4. i pittogrammi di pericolo conformemente all’articolo 19 del CLP;
  5. le avvertenze conformemente all’articolo 20 del CLP;
  6. le indicazioni di pericolo conformemente all’articolo 21 del CLP;
  7. gli opportuni consigli di prudenza conformemente all’articolo 22 del CLP;
  8. una sezione per informazioni supplementari conformemente all’articolo 25 del CLP”.

Inoltre:

  • “l’etichetta deve essere scritta nella lingua dello Stato Membro in cui la sostanza o la miscela sono immesse sul mercato”;
  • “le etichette multilingua devono riportare le stesse informazioni in tutte le lingue”;
  • “un fornitore è sempre tenuto a mostrare i propri dati di contatto sull’etichetta”;
  • “se il distributore modifica la confezione in modo tale che gli elementi dell’etichetta, di cui all’articolo 17 del CLP, debbano essere visualizzati in modo diverso rispetto all’etichetta/confezione originale fornita, i dati di contatto del distributore dovrebbero essere aggiunti o sostituiti ai dati di contatto del precedente fornitore”;
  • “quando un fornitore modifica la lingua o le lingue visualizzate su un’etichetta, diventa responsabile della corretta traduzione del contenuto dell’etichetta. Pertanto, dovrebbe aggiungere i suoi dettagli di contatto ai dettagli di contatto del fornitore che ha emesso l’etichetta originale”.

Gli identificatori di prodotto e le denominazioni chimiche

Si evidenzia poi che uno dei punti sinergici tra Regolamento REACH e Regolamento CLP è rappresentato dall’articolo 18(1) del CLP nel quale si esplicita che “l’identificatore di prodotto sull’etichetta deve essere lo stesso di quello usato nella SDS” (articolo 18: l’etichetta contiene informazioni che permettono di identificare la sostanza o miscela, “identificatori del prodotto”).

E a norma dell’articolo 18(3) del CLP “gli identificatori di prodotto per le miscele devono includere:

  1. il nome commerciale o la designazione della miscela;
  2. l’identità di tutte le sostanze componenti la miscela che contribuiscono alla sua classificazione rispetto alla tossicità acuta, alla corrosione della pelle, a lesioni oculari gravi, alla mutagenicità sulle cellule germinali, alla cancerogenicità, alla tossicità per la riproduzione, alla sensibilizzazione delle vie respiratorie o della pelle, alla tossicità specifica per organi bersaglio (STOT) o al pericolo in caso di aspirazione”.

Qualora poi, nel caso di cui alla lettera b), “l’applicazione di tale disposizione porti a indicare una pluralità di denominazioni chimiche, ci si può limitare a un massimo di quattro denominazioni, a meno che un numero maggiore sia necessario in ragione della natura e della gravità dei pericoli”.

Si ricorda che il Regolamento CLP “non specifica il tipo di denominazioni chimiche da utilizzare per identificare le sostanze chimiche nella miscela, ma i termini impiegati per l’identificazione della miscela e delle sostanze nella miscela devono essere uguali a quelli utilizzati nella SDS”.

Si indica, comunque, che nella scelta di un nome chimico “si consiglia di avvalersi dell’approccio di cui all’articolo 18(2) del CLP. Su questa base, è preferibile usare, tra i nomi a disposizione, il nome più breve oppure quello meglio riconoscibile dall’utilizzatore a valle/consumatore nella lingua dello Stato Membro in cui la miscela è immessa sul mercato anche se la scelta più adeguata ricade sempre, se disponibile, su un nome già tradotto nell’Allegato VI del CLP o nell’inventario C&L”.

Ricordando che sul sito dell’ Helpdesk Nazionale CLP è possibile conoscere gli aggiornamenti continui del Regolamento, rimandiamo, infine, alla lettura integrale dell’intervento che riporta molte altre informazioni introduttive sul Regolamento e sulle etichette.

E i relatori sottolineano “l’irrinunciabile necessità che le informazioni apposte sull’etichetta di pericolo” siano coerenti “con quelle presenti nella Sezione 2 della SDS (Identificazione dei pericoli) concernenti la stessa sostanza o miscela”. E infatti, come poi raccontato più nel dettaglio dai relatori, la comunicazione del pericolo “è una strada biunivoca che coinvolge gli attori della catena di approvvigionamento a seconda dei loro obblighi in ottemperanza al Regolamento CLP, le autorità competenti, gli utilizzatori finali e i distributori: lavorare sinergicamente può evitare lacune informative ed errori nell’applicazione dei criteri CLP”.

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