Un documento si sofferma su come affrontare il rischio di atti di violenza nelle strutture sanitarie per evitare situazioni spiacevoli e prevenire eventuali incidenti.
Fin dal 2002 la violenza nei luoghi di lavoro – “ogni aggressione fisica, comportamento minaccioso o abuso verbale che si verifica nel posto di lavoro” (NIOSH) – è riconosciuta nel mondo come un importante problema di salute pubblica (World Health Organization, 2002).
In particolare, nella sanità e nell’assistenza sociale i casi di violenza codificati in Italia nell’ultimo quinquennio dall’Inail (violenza, aggressione, minaccia, …) sono stati quasi 11 mila.
Il problema è che esiste comunque, anche nel nostro Paese, “una difficoltà a reperire dati reali che rappresentino la situazione attuale”: spesso le denunce “avvengono prevalentemente solo nel momento in cui l’aggressione al personale genera un infortunio. Molto spesso, infatti, in caso di aggressioni verbali, il lavoratore rinuncia erroneamente alla denuncia”.
A ricordare i rischi di violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari (su questi temi la legge 14 agosto 2020, n. 113 ha istituto una Giornata nazionale di educazione e prevenzione)è il vademecum, elaborato da FP CGIL, dal titolo “ Stop alle aggressioni al personale sanitario”.
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Sanità: come prevenire le aggressioni durante una visita o un colloquio?
Il vademecum ricorda che “qualunque operatore sanitario può essere vittima di atti di violenza, i medici gli Infermieri e gli OSS sono quelli a più alto rischio perché sono a contatto diretto con il paziente e devono gestire una condizione in cui la componente emotiva è molto vulnerabile sia per il paziente che per i parenti”.
Cosa fare, ad esempio, durante una visita o un colloquio?
Il documento indica che “quando sei con un paziente o un parente, durante una visita o un colloquio”, bisogna sempre valutare la “possibilità che possa verificarsi un atto di aggressione”. E quindi (il vademecum si rivolge direttamente agli operatori sanitari) “è prudente:
- non lasciare sulla scrivania oggetti contundenti, taglienti e potenzialmente pericolosi;
- non rimanere solo con una persona che potrebbe essere violenta e mantenere sempre una via di fuga;
- ascoltare il paziente o l’accompagnatore difficile, in luogo dedicato, al fine di evitare l’effetto pubblico che, oltre ad innescare meccanismi di teatralità, spesso produce la diffusione del malcontento,
- modula la tua distanza dal paziente, mantieni una distanza di sicurezza minima di 1,5 m, che può essere eventualmente raddoppiata;
- mantieniti una via di fuga verso una porta evita di posizionarsi con le spalle al muro o in un angolo;
- ascolta il paziente e ponilo davanti a delle scelte alternative;
- non indossare collane e occhiali, scarpe aperte, cinture, rimuovere dalle proprie tasche penne, matite, oggetti appuntiti o taglienti;
- devi sempre avere disponibili i Dispositivi di Protezione Individuale,
- evita di rimanere da solo con il paziente se lui vuole parlare con uno specifico operatore accetta ma non lasciarlo solo;
- se non si ristabilisce la normalità, attiva la vigilanza interna se presente, per dissuadere l’aggressore;
- se la situazione è a grave rischio evolutivo, allertare le Forze dell’Ordine”.
Sanità: cosa fare se avviene un’aggressione?
Il documento si sofferma anche su cosa fare nel caso avvenga un’aggressione o tentativo di aggressione fisica.
Nel caso di aggressione:
- “se si viene afferrati per un polso, al fine di indurlo a lasciare la presa, piegare le braccia al gomito e ruotarle rapidamente contro il pollice dell’aggressore
- se si viene afferrati per i capelli, stabilire un controllo sulla mano che ha afferrato, per limitarne i danni, ed abbassarsi il più possibile cercando di portarsi alle spalle del paziente, quindi risalire obbligando l’aggressore a lasciare la presa per mancanza di un sufficiente equilibrio.
- se si viene afferrati per il collo nel tentativo di strangolamento, abbassare il mento verso lo sterno per proteggere la zona critica. Riuscire a proteggere la gola, consente di non perdere conoscenza e di guadagnare tempo, tentando di liberarsi
- in caso di morso, spingere a fondo la parte morsa, verso la bocca del paziente, esercitando una forte compressione con tutto il corpo. Se si riesce a chiudere le narici dell’aggressore, avendo difficoltà a respirare, lascerà la presa.
Migliorare la prevenzione degli atti di violenza contro gli operatori sanitari
Il vademecum presenta anche delle richieste alle aziende per migliorare le tutele.
Si indica che la prevenzione degli atti di violenza contro gli operatori sanitari “richiede che l’organizzazione sanitaria identifichi i fattori di rischio per la sicurezza del personale e utilizzi le strategie ritenute più opportune”. E a tal fine “le strutture sanitarie e socio sanitarie, Anche a seguito dell’approvazione della legge 113/2020, devono impegnarsi nel mettere in atto interventi di prevenzione della violenza che comprendano in primis le azioni di seguito riportate:
- Monitorare gli episodi di violenza commessi ai danni delle professioni sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni.
- Monitorare gli eventi sentinella che possano dar luogo a fatti commessi con violenza o minaccia ai danni dei sanitari.
- Promuovere il benessere organizzativo e la salute psicofisica degli operatori sanitari, sostegno psicologico alle equipe professionali vittime di aggressioni.
- Promuovere studi e analisi per la formulazione di proposte e misure idonee a ridurre i fattori di rischio negli ambienti più esposti.
- Monitorare l’attuazione delle misure di prevenzione e protezione a garanzia dei livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro anche promuovendo strumenti di videosorveglianza.
- Promuovere la diffusione delle buone prassi in materia di sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie, anche nella forma del lavoro in equipe.
- Promuovere lo svolgimento di corsi di formazione per il personale sanitario finalizzati alla prevenzione e alla gestione delle situazioni di conflitto nonché a migliorare la qualità della comunicazione con gli utenti.
- Stipulare protocolli operativi con le forze di polizia
- Realizzare un registro dedicato ai mancati infortuni;
- Costituirsi parte civile a seguito di episodi di violenza a seguito di segnalazione formale all’autorità giudiziaria dell’episodio di violenza;
- Risarcire i giorni di assenza per malattia o infortunio del personale aggredito;
- Rivedere il DVR in base al rischio di esposizione alle aggressioni, sia ospedaliero che territoriale”.
Si indica poi che gli interventi per la promozione della sicurezza e la prevenzione dei comportamenti e atti di violenza “devono essere definiti all’interno del piano programma aziendale di gestione del rischio”. Ed è importante che le aziende mettano in atto “tutte le azioni necessarie al fine di prevenire le aggressioni e contemporaneamente lavorare su campagne di sensibilizzazione del cittadino spiegando che l’aggressione al personale sanitario non è la soluzione ai problemi sanitari dei cittadini”.
In particolare “nei contesti dove il personale è maggiormente esposto ai rischi di aggressione, come per esempio il Pronto Soccorso” è fondamentale, tra le altre cose, “mettere in atto sin da subito delle strategie che permettono di mediare situazioni particolarmente esplosive, anche attraverso l’utilizzo di lavoratori adeguatamente formati individuati ad esempio tra coloro che per colpa di limitazioni fisiche personali sono difficilmente ricollocabili nell’assistenza diretta”.
In definitiva, il vademecum, che invita i lavoratori a segnalare tutti gli eventi aggressivi sia verbali che fisici, sottolinea che le aggressioni al personale Sanitario “non devono diventare quotidianità nell’attività lavorativa e di conseguenza non devono essere vissute come tali”.