L’analisi fa particolare riferimento ad alcuni decreti legislativi, in particolare il D.Lgs. 81/2008 che illustra i principali fattori potenzialmente dannosi per i lavoratori.
Il Decreto legislativo 81/2008 (Testo Unico) al Titolo VIII “Agenti Fisici” indica che (articolo 181) nell’ambito della valutazione di cui all’articolo 28, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi. E nella valutazione dei rischi il datore di lavoro precisa quali misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La valutazione dei rischi può includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la natura e l’entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata.
Con l’articolo 187 (Campo di applicazione) si indica poi che il Capo II (Rumore) determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall’esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per l’udito.
Tuttavia malgrado queste indicazioni e l’innegabile evoluzione delle norme e della prevenzione, a 30 anni dalla prima legge sul rumore (D.Lgs. 277/91), ci sono ancora troppe ipoacusie, vengono fatte poche bonifiche acustiche, si interviene troppo solo con DPI uditivi (DPI-u) e sono assenti le valutazioni dei rischi extra uditivi.
A ricordarlo è un intervento al seminario webinar dal titolo “Rischio rumore” che si è tenuto l’8 aprile 2022 nel ciclo delle attività informative e formative rivolte agli operatori dei servizi di prevenzione delle Regioni e Province Autonome, in attuazione dell’Accordo di collaborazione del 2021 Regione Toscana – Direzione Ricerca INAIL “Rischio di esposizione da agenti fisici negli ambienti di lavoro: sviluppo e adeguamento del Portale Agenti Fisici per supportare la valutazione del rischio e gli interventi di prevenzione nelle PMI di tutti i comparti lavorativi”.
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Nell’intervento “Il rischio rumore nei luoghi di lavoro. Criteri generali per la valutazione del rischio rumore. Statistiche delle ipoacusie professionali e malattie associate al rumore”, a cura di Pietro Nataletti (Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, INAIL), il relatore si sofferma sia sulle malattie professionali connesse al rischio rumore sia su vari aspetti normativi connessi alla valutazione e prevenzione del rischio.
Rischio rumore: i livelli di esposizione e l’eliminazione alla fonte
L’intervento ricorda cosa indica la normativa sui livelli di esposizione.
Si indica che l’articolo 188 del Testo Unico “definisce:
- Livello di esposizione personale giornaliera al rumore, LEX,8h, in dB(A): valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione al rumore per una giornata lavorativa nominale di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6. Si riferisce a tutti i rumori sul lavoro, incluso il rumore impulsivo”;
- Livello di esposizione settimanale al rumore, LEX,w, in dB(A): “valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione giornaliera al rumore per una settimana nominale di cinque giornate lavorative di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6, nota 2”.
Nelle slide dell’intervento sono riportate anche le formule corrispondenti.
L’articolo 182 (Disposizioni miranti ad eliminare o ridurre i rischi) si sottolinea che tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilità di misure per controllare il rischio alla fonte, i rischi derivanti dall’esposizione agli agenti fisici sono eliminati alla fonte o ridotti al minimo. E che in nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori superiori ai valori limite di esposizione definiti nei vari capi relativi agli agenti fisici.
Rischio rumore: valutazione, persone sensibili e sostanze ototossiche
Riguardo alla valutazione del rischio si ricorda (articolo 190) che il datore di lavoro valuta l’esposizione dei lavoratori al rumore durante il lavoro, prendendo in considerazione diverse cose.
Ne riprendiamo alcune:
- “Il livello, il tipo e la durata dell’esposizione, ivi incluso il rumore impulsivo;
- I valori limite di esposizione e i valori di azione di cui all’articolo 189;
- tutti gli effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rumore, con particolare riferimento alle donne in gravidanza e ai minori;
- per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti sulla salute e sicurezza derivanti da interazione fra rumore e sostanze ototossiche connesse con l’attività svolta e fra rumore e vibrazioni;
- tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza risultanti da interazione fra rumore e segnali di avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il rischio di infortuni;
- le informazioni sull’emissione di rumore fornite dai costruttori dell’attrezzatura di lavoro in conformità alle vigenti disposizioni in materia”.
I lavoratori particolarmente sensibili sono:
- Lavoratrici madri (D.Lgs.151/2001)
- Lavoratori minori (D.Lgs. 262/2000)
- Lavoratori che svolgono mansioni usuranti in ambienti termici severi freddi
- Lavoratori otolabili e/o otosensibili e/o ipoacusici a causa di malattie pregresse o di fattori congeniti.
Per questo aspetto è importante un confronto con il medico competente.
L’intervento si sofferma anche sulle sostanze ototossiche (dalle slide riprendiamo anche una tabella relativa ai farmaci ototossici).
Bisogna tenere conto nella valutazione del rischio dell’interazione tra rumore e sostanze ototossiche:
- Farmaci (occupazionali/non occupazionali): l’intervento riporta molti esempi di farmaci)
- tossici industriali. Ad esempio:
- solventi (toluene, stirene, xilene, n-esano, etilbenzene, acquaragia,…)
- gas (disolfuro di carbonio CS2, ossido di carbonio CO, acido cianidrico HCN, …)
- metalli (piombo, cadmio, mercurio, …)
Rischio rumore: la valutazione del rischio e i segnali di avvertimento
La relazione si sofferma anche sui segnali di avvertimento.
Infatti bisogna tenere conto nella valutazione del rischio dell’interazione tra rumore e segnali acustici di avvertimento.
I segnali “devono essere udibili, discriminabili e inequivocabili”:
- Udibilità – “Segnale di almeno 65 dB(A) e 15 dB(A) superiore al rumore ambientale. Se questo è superiore a 110 dB è necessario associare un segnale luminoso a quello acustico.
- Discriminabilità – Tre sono i parametri che determinano la discriminabilità: livello sonoro, distribuzione temporale e composizione spettrale. Almeno due devono differire nettamente dal rumore ambientale; l’intervallo di frequenze deve essere compreso tra 300-3000 Hz e la frequenza di ripetizione compresa tra 0,5 e 5 s.
- Inequivocabilità – I segnali acustici pulsanti sono preferibili a quelli costanti nel tempo. I profili temporali e in frequenza di diversi segnali acustici di pericolo devono essere sensibilmente diversi tra loro”.
L’intervento ricorda, a questo proposito, alcune norme di riferimento come la UNI EN 981:2009 e la UNI EN ISO 7731:2009.
Concludiamo rimandando alla lettura integrale delle slide dell’intervento che si soffermano anche su altri aspetti rilevanti in relazione al rischio rumore e alla valutazione del rischio:
- informazioni sull’emissione di rumore
- certificazione acustica delle macchine
- misura e valutazione del rischio
- misure di prevenzione e protezione
- uso dei dispositivi di protezione individuale