Quante volte ognuno di noi ha detto: «Non ti preoccupare, ci vorrà solo un minuto». Il “minuto” è stato preso come ispirazione persino per comporre canzoni o per rendere accattivanti titoli di libri di qualsiasi genere letterario.
Nel corso del tempo, si è cercato di stabilire, con questa unità di misura, un certo senso di fiducia e di sicurezza, come se questi 60 secondi avessero un valore relativo, quasi tibetano. In realtà non è così, anzi un minuto rappresenta per qualsiasi impresa pubblica o privata un immenso capitale che racconta di sé, di prodotti e servizi, di efficienza, di successi o criticità, della capacità di rispondere ai nostri bisogni, e quindi della sicurezza verso i consumatori. In una parola: racconta la reputazione.
La trasformazione digitale, tipica della Quarta Rivoluzione Industriale, ci ha abituato a condividere in rete ogni nostra azione ed emozione, insegnandoci come un minuto possa essere lunghissimo se si deve studiare un teorema di fisica quantistica, oppure molto breve se la propria squadra del cuore deve recuperare due goal allo scadere del secondo tempo.
Ma cosa succede in rete di così dirompente in 60 secondi per convincerci che ogni singolo minuto rappresenti la porta girevole verso un’azienda affidabile per sicurezza e codice etico? In realtà succedono molte cose, anzi succede di tutto in un’epoca in cui analizziamo i Big Data con strumenti sempre più intuitivi.
Di sicuro ciascuno di noi ha utilizzato Google per una delle 4 milioni di ricerche arrivate ai suoi server, ha spedito un paio di messaggi tra 200 milioni di email inviate nel mondo, è stato tra i 50.000 su Facebook a condividere post o immagini apponendo magari uno dei 4,5 milioni di like oppure ha contribuito a far crescere di 65.000 EUR il fatturato @commerce di Amazon o incrementato le 17.000 transazioni del leader americano di beni di consumo Walmart. E se considerassimo la domenica, potremmo essere stati complici anche di qualcuna delle 4.000 immagini pubblicate ogni secondo su Instagram, delle 80.000 ore di video on demand su Netflix oppure delle
50.000 nuove App scaricate dagli Store. Sempre che non si sia tra i quasi 15.000 nostalgici del lunedì ad aver visitato LinkedIn alla ricerca di informazioni professionali o di conferme su organizzazioni, gruppi e persone.
In realtà sono passati 3 minuti dall’inizio della lettura di questo articolo e i dati sono certamente da aggiornare, ma senza dubbio hanno già fatto la storia e la reputazione di chi li ha generati e delle organizzazioni che su questi numeri basano altri numeri, i fatturati, con cui fare impresa e investimenti. Pensate allora di sfuggire alla rete? Per fortuna no, perché nel bene e nel male almeno una volta siamo già stati taggati!
Consolidare la propria reputazione rappresenta oggi il migliore investimento possibile per le imprese di ogni settore produttivo, con la garanzia di poter avere una moneta reale e di crescente valore, in grado di fare la differenza.
Morale? La reputazione di professionisti, imprese e manager vale senza dubbio più di quanto immaginiamo, si costruisce in anni di formazione, impegno, profonda etica e capacità di innovare. Questo ci insegna che ogni minuto è prezioso per capitalizzarla in un mondo in cui gli oggetti sono connessi in rete tra di loro e in una realtà in cui le opportunità sono accelerate dalla trasformazione tecnologica e guidate dalla competenza delle persone. Con la consapevolezza di costruire Imprese 4.0 per un Futuro 4.0.
Ah, avete contato quanti like ha ricevuto l’ultimo vostro post aziendale e quanto potrà pesare sui nuovi fatturati? Ma questa è un’altra storia.