Le nuove disposizioni su etichettatura e vendita del pane

Il decreto 1°ottobre 2018, n. 131 ha modificato la denominazione di «panificio» e di «pane fresco», e ha introdotto l’adozione della  dicitura di    «pane conservato».

Nuove disposizioni sui panifici: cosa è cambiato?  

Il decreto 131/2018 del Ministero per lo Sviluppo Economico prevede una specifica attribuzione al termine di «panificio», una precisa definizione di «pane fresco»  e l’adozione della dicitura «pane conservato».

Il nuovo decreto impone la separazione dei prodotti e la presa visione al consumatore del tipo di conservazione.

Cosa si intende per “panificio”

Nell’art. 1 è riportata una specifica definizione di “panificio”. 

Per panificio si intende l’impresa che dispone di impianti di produzione di pane ed eventualmente altri prodotti da forno e assimilati. 

Particolare attenzione va posta alla definizione di ciclo di produzione che comprende tutte le attività che vanno dalla lavorazione alla cottura.

Cosa si intende per “pane fresco”

Ai sensi dell’art. 2 il decreto fornisce anche una specifica definizione di    “pane fresco”.

Viene denominato “fresco” il pane preparato secondo un processo di produzione continuo, cioè privo di interruzioni finalizzate al congelamento, e privo di additivi conservanti e di altri trattamenti aventi effetto conservante.

Il decreto specifica anche il concetto di ciclo di produzione “continuo”. Il ciclo di produzione è ritenuto “continuo” quando tra il processo di produzione e la vendita del prodotto non intercorra un intervallo di tempo superiore alle 72 ore.

“Pane conservato”: regolamenti e normative europee 

Il pane non preimballato ai sensi dell’articolo 44 del regolamento (UE) n.1169/2011, per il quale viene utilizzato un metodo di conservazione ulteriore rispetto ai metodi sottoposti agli obblighi informativi previsti dalla normativa, dovrà essere messo in vendita con una dicitura aggiuntiva che ne evidenzi il metodo di conservazione utilizzato, nonché le eventuali modalità di conservazione e di consumo.

Per questa tipologia di pane (il pane conservato) nel momento della vendita deve essere fornita una adeguata informazione, al fine di evitare che il consumatore possa essere indotto in errore, riguardo il metodo di conservazione utilizzato nel processo produttivo nonché riguardo alle modalità per la sua conservazione ed il consumo. Questo deve avvenire attraverso un’apposita dicitura da riportare sul cartello negli specifici comparti in cui viene collocato, distinti rispetto a quelli in cui viene esposto il pane fresco.

Quindi, già a partire da dicembre 2018, il pane confezionato che ha subito un “processo congelamento o surgelazione” o contiene “additivi conservanti” non potrà essere venduto come fresco e in etichetta dovrà essere riportata l’indicazione “conservato” oppure “a durabilità prolungata”.

Inoltre, il pane conservato, dovrà essere venduto in scomparti appositamente riservati.


Si tratta di un decreto attuativo che dà esecuzione a quanto previsto dal decreto legge 223/06, riguardante la regolazione della concorrenza e le liberalizzazioni.

Questo decreto nasce già “vecchio”, lasciando il settore ancora senza le definizioni fondamentali e necessarie per la tutela dei prodotti tipici, tradizionali, artigianali e del lavoro dei panificatori artigiani.


Dott. Gianni Maragna Consulente Ambientale –info@studioagm.eu

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