Confindustria condivide il nuovo protocollo per contrastare il contagio del virus negli ambienti di lavoro con una particolare attenzione alle indicazioni operative per le aziende e sulle questioni interpretative.
Dopo diverse riunioni e confronti informali, il Governo, l’Inail e le parti sociali hanno condiviso un nuovo protocollo condiviso in materia COVID-19. Un protocollo che opera, rispetto ai precedenti, una semplificazione delle regole cercando, tuttavia, di tenere conto anche della situazione epidemiologica in risalita.
Oggi, con riferimento all’opinione della componente datoriale, torniamo a parlare della Nota di aggiornamento del 5 luglio 2022 di Confindustria, dal titolo “Il nuovo Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro”.
In un primo articolo di presentazione della Nota ci siamo soffermati su quanto indicato in relazione all’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie. Oggi riportiamo l’attenzione su altri punti del Protocollo Covid, sulle prime indicazioni operative per le aziende e su alcune possibili questioni interpretative.
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La nota di Confindustria: informazione, mascherine e sorveglianza sanitaria
Riprendiamo qualche commento sui vari punti del nuovo Protocollo.
Riguardo al punto 1 (Informazione) si sottolinea che, rispetto agli altri protocolli, anche quello del 6 aprile 2021, è “venuto meno l’obbligo di rimanere al proprio domicilio in caso di temperatura superiore a 37,5°, essendo caduta la norma di base che legittimava questa previsione pattizia”. E l’informazione per favorire la consapevolezza delle restrizioni all’accesso in azienda “è stata aggiornata in considerazione delle modifiche normative intervenute nel tempo e va ora posta in relazione con le nuove disposizioni in tema di isolamento e autosorveglianza (art. 10-ter, DL 52/2021 e circolare del Ministero della salute n. 19680 del 30 marzo 2022), parametro al quale va ricondotto anche il tema della riammissione al lavoro (oggetto di specifica disciplina al successivo punto 2 del Protocollo)”.
Si segnala che viene anche eliminata la previsione inerente alla mascherina chirurgica “in quanto essa non costituisce più un dispositivo di protezione individuale (dal 30 aprile 2022, DL 24/2022, art. 5, comma 8), per cui il Protocollo fa esclusivamente riferimento ai dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo facciali filtranti FFP2, che sono DPI ai fini del Dlgs 81/2008. Ne consegue che la mascherina chirurgica, ai fini del Protocollo e delle sue conseguenze in termini di tutela del datore di lavoro, non costituisce più un rimedio efficace”.
Riprendiamo poi qualche commento relativo al punto 10 (Sorveglianza sanitaria/medico competente/rls).
Si indica che “non sono stati operati stravolgimenti nelle considerazioni svolte nel precedente Protocollo”. Resta anche confermato il tema della sorveglianza sanitaria per i lavoratori fragili, benché in scadenza al 31 luglio 2022.
La Nota ricorda che è “venuto meno il passaggio relativo alla suggestione di strategia di testing e screening da parte del medico competente, che peraltro erroneamente faceva riferimento ad un ruolo del medico competente nella valutazione dei rischi (dal momento che la valutazione precauzionale in fase pandemica è effettuata dallo Stato e non dal datore di lavoro)”.
La nota di Confindustria sui protocolli Covid: le indicazioni operative per le aziende
Rimandando ad una lettura dettagliata della Nota per quanto riguarda i vari commenti agli altri punti del Protocollo, veniamo invece ad alcune indicazioni operative.
Si indica che le imprese “sono nuovamente chiamate – come sempre accaduto, alla modifica del Protocollo, all’evoluzione normativa o scientifica – ad aggiornare prima possibile i protocolli aziendali con il coinvolgimento del Comitato” indicato al punto 13 del protocollo stesso. E “ciascuna azienda potrà integrare il proprio documento con misure equivalenti o più incisive”.
In particolare – continua la Nota – “le azioni che si reputano più opportune sono:
- acquistare mascherine di tipo FFP2, laddove il datore di lavoro non ne sia già in possesso
- organizzare un sistema che garantisca a tutti i lavoratori l’effettiva disponibilità di mascherine di tipo FFP2 e ne gestisca e regoli la distribuzione, ricordando che la normale durata di una mascherina FFP2 è di circa 8 ore (in assenza di particolare deterioramento)
- diffondere una informativa relativa al determinante passaggio” costituito dal punto 6 (Dispositivi di protezione delle vie respiratorie) del Protocollo relativo, in particolare, ai seguenti punti:
- salve le ipotesi particolari segnalate dal medico competente o dal RSPP, il nuovo obbligo del datore di lavoro è esclusivamente mettere a disposizione di tutti le mascherine FFP2
- il Protocollo responsabilizza i lavoratori in ordine all’uso corretto della mascherina FFP2 almeno nelle situazioni di maggior rischio
- i lavoratori sono ovviamente liberi di usarle anche a prescindere di situazioni particolarmente a rischio
- il mancato utilizzo della mascherina e le relative conseguenze non sono più imputabili al datore di lavoro
- il datore di lavoro potrà imporre l’uso della mascherina FFP2 in ipotesi particolari, su indicazione del medico competente o del RSPP”.
La nota di Confindustria: le questioni interpretative
Infine la Nota riporta alcune possibili questioni interpretative.
Ad esempio: Ci sono margini per stabilire nel proprio protocollo aziendale che la FFP2 è obbligatoria o raccomandata solo in determinati contesti o mansioni?
La Nota risponde sottolineando che “la mascherina non è più obbligatoria nei luoghi di lavoro. Il datore di lavoro la mette a disposizione per permettere al lavoratore di usarla nei luoghi di lavoro. In questo modo il Protocollo rimette a ciascun lavoratore l’onere (e la responsabilità) di proteggersi, previa adeguata informazione. Si tratta del vero cambio di passo del Protocollo rispetto al passato”. Tuttavia a fronte della apparente rimessione ai lavoratori di tutte le scelte in ordine all’uso della mascherina e per consentire ai datori di lavoro di gestire situazioni particolari (possibilità che altrimenti sarebbe venuta meno), “il secondo capoverso del punto 6 lascia spazio a decisioni aziendali, previa specifica indicazione da parte del medico competente ed il RSPP. È una situazione che non contempla una valutazione dei rischi e che è differente da quella disciplinata, in via generale, nella premessa del Protocollo, che prevede la possibilità di introdurre misure equivalenti o di maggior rigore, dove il Protocollo inserisce questa decisione all’interno del confronto tra le parti (es., a fronte del venir meno dell’obbligo della mascherina, il comitato potrebbe decidere di mantenere obbligatoriamente le chirurgiche laddove i lavoratori non optino individualmente per la FFP2, che comunque deve essere messa a loro disposizione, e laddove non ricorra una situazione di obbligo indicata nella seconda parte del punto 6)”. In questo caso, invece, “manca un riferimento al Comitato, e la decisione è di natura tecnica (specifica indicazione del medico competente o del RSPP), il che non impedisce ovviamente al datore di lavoro di condividere volontariamente il tema all’interno del Comitato”.
Veniamo a un’altra questione.
Nei casi di spazi comuni condivisi e visto il caldo, si può continuare con l’obbligo di usare la chirurgica piuttosto che raccomandare la FFP2?
Si indica che “manca una previsione di raccomandazione, è il Protocollo che fa della FFP2 un utile protezione nelle particolari situazioni indicate nel documento. Il comitato può disciplinare anche l’uso della mascherina chirurgica. A fronte del venir meno dell’obbligo, infatti, la mascherina chirurgica – per quanto non sia più un DPI – diminuisce oggettivamente la diffusione del virus”.
Infine ci si chiede se il datore di lavoro “deve mettere a disposizione la FFP2 per ciascun dipendente, con evidente aumento di costi, anche se l’uso è solo raccomandato”.
Si risponde che l’azienda “deve mettere a disposizione la mascherina, ma dall’altra parte c’è l’obbligo di rispettare le indicazioni aziendali e di usare correttamente i dispositivi di protezione individuale (art. 20, Dlgs 81/2008), per cui sarebbe opportuno che l’azienda disciplinasse le modalità con le quali mette a disposizione le mascherine FFP2, ad esempio monitorando il prelievo delle mascherine per finalità lavorative, ricordando che la mascherina ha una durata media di efficacia di circa 8 ore”.