La sicurezza nell’ambito delle costruzioni viene esplicitata sin dal 1956 con il DPR 164/1956 (Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni). Tuttavia la disciplina mancava di un elemento essenziale: la previsione sistematica dei rischi e la pianificazione delle misure atte a contrastarli, ovvero la pianificazione della sicurezza.
Con la Direttiva Cantieri (92/57/CEE), la Comunità Europea ha adottato una disciplina specifica per i cantieri considerando che i cantieri temporanei o mobili costituiscono un settore di attività che espone i lavoratori a rischiparticolarmente elevati in cui scelte architettoniche e/o organizzative non adeguate o una carente pianificazione dei lavori influiscono in maniera significativa sugli infortuni.
La Direttiva Cantieri fu recepita in Italia con il Dlgs 494/1996 e con disposizioni autonome (es.: normativa sulla segnaletica di sicurezza, sui lavori in quota, ecc.) che definiva anche i Dispositivi per la Protezione Individuale (DPI) e i Dispositivi per la Protezione Collettiva (DPC).
Con il Dlgs 81/2008 tutta la normativa specifica relativa alle costruzioni, ovvero ai cantieri, è riunita nel titolo IV e nei diversi allegati, di interesse specifico per i cantieri edili.
La pianificazione della sicurezza nel cantiere
Nei cantieri nei quali è prevista la presenza, anche non contemporanea, di più imprese esecutrici è obbligatorio pianificare la sicurezza mediante il Piano di sicurezza e coordinamento (PSC), uno strumento efficace ed operativo per la gestione dei rischi reali, preventivamente individuati e valutati.
Nell’ambito dei lavori pubblici, nei casi in cui non sia obbligatoria la redazione del PSC (cantieri con una sola impresa), bisogna redigere il Piano di sicurezza sostitutivo (PSS) che ha la stessa forma e gli stessi contenuti del PSS ma è redatto a cura dell’appaltatore o del concessionario e non prevede la stima dei costi della sicurezza.
Infine, il Piano operativo di sicurezza (POS) è il documento che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice redige per la pianificazione della sicurezza in riferimento al singolo cantiere interessato.
La corretta pianificazione necessita dell’elenco delle attività per l’esecuzione dell’opera e della preventiva determinazione dei soggetti che dovranno intervenire nel cantiere, con le modalità del loro avvicendamento e le eventuali interferenze lavorative.
Ogni interferenza rilevata, attraverso le indagini che di volta in volta si riterranno più opportune, dovrà essere valutata e di conseguenza andranno ricercate le migliori soluzioni tecnico-costruttive (da parte del progettista) necessarie ad eliminare o ridurre con efficacia l’interferenza.
Infatti, nel PSC è necessario condurre l’analisi dei rischi per tutte le attività lavorative prevedibili nel cantiere e per ciascuna attività e, successivamente, individuare le procedure atte a garantire il rispetto delle misure di prevenzione e protezione.
Sicurezza in cantiere: valutazione dei rischi
L’analisi dei rischi specifici può essere eseguita in due modi: con un’analisi a posteriori o con una a priori.
L’analisi a posteriori si riferisce a casi avvenuti nel passato; si parte dal considerare l’infortunio, causato dall’attività lavorativa e, tramite l’applicazione di metodologie come l’albero delle cause, si analizzano le circostanze che hanno preceduto l’evento e che ne hanno determinato l’accadimento. Il processo consente di individuare le cause dell’infortunio e di definire i provvedimenti del caso.
L’analisi a priori viene condotta, invece, a partire da un possibile rischio connesso all’attività lavorativa (la caduta dall’alto di un lavoratore da un ponteggio), analizzando le possibili circostanze che possono determinarlo (assenza di protezioni collettive, assenza di protezioni individuali, inefficienza dei dispositivi di protezione, ecc.). Quest’ultimo tipo di analisi è quella solitamente adottata per il cantiere.
I tipi di intervento che si possono attuare per salvaguardare la sicurezza di un ambiente lavorativo sono di due tipi: prevenzione, cioè la riduzione della probabilità che si verifichi l’evento che può produrre danno; protezione, ovvero la limitazione degli effetti negativi di un evento dannoso.
Per i professionisti che devono affrontare le problematiche della sicurezza nei cantieri e devono redigere il piano operativo di sicurezza (POS), il piano di sicurezza e di coordinamento (PSC), il fascicolo dell’opera (FO) e il piano di sicurezza sostitutivo (PSS), i software per la sicurezza sono dei validi alleati.
Dopo l’individuazione e la stima di ciascun rischio, occorre individuare le misure di prevenzione e protezione dai rischi da attuare che possono consistere in: procedure organizzative e operative; misure tecniche di prevenzione e protezione collettiva; dotazione ed utilizzo di adeguati dispositivi di protezione individuale; attività di informazione, di formazione e di addestramento dei lavoratori; aggiornamenti tecnologici.
E’ necessario, allo scopo, redigere, almeno nelle linee generali, un regolamento di cantiere che preveda quali impianti e dispositivi di protezione collettiva (DPC) debbano essere presenti nelle varie fasi lavorative. Ad esempio, in relazione all’esecuzione di lavori in quota, il datore di lavoro ha l’obbligo di scegliere le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, rafforzato dal criterio della priorità delle misure di protezione collettiva (ponteggi fissi, parapetti, reti anticaduta, ecc.) rispetto alle misure di protezione individuale.
I dispositivi di protezione (DP) rientrano quindi nella progettazione della sicurezza, che è alla base di ogni processo produttivo, e possono essere di due tipi: dispositivi di protezione collettiva (DPC) o dispositivi di protezione individuale (DPI).
I dispositivi di protezione collettiva (DPC)
I DPC sono quei sistemi che intervengono direttamente sulla fonte del pericolo e limitano il rischio di esposizione di tutti i lavoratori e non solo del singolo. Nel Dlgs 81/2008 è previsto un approccio rigoroso secondo il quale l’adozione dei DPC è da considerarsi prioritaria rispetto ai DPI.
Il datore di lavoro, pertanto, nello svolgere la valutazione dei rischi, deve proporre l’utilizzo di un determinato DPI solamente nel caso in cui i rischi non possano essere eliminati, o sufficientemente ridotti, attraverso metodi di protezione collettiva.