Lo stato di salute del lavoratore influenza il comportamento, unitamente ad elementi di stress cognitivo o fisico/psicologico connesso a un non corretto stile di vita.
Lo stile di vita influenza il livello di attenzione del lavoratore o lo proietta ad livello di concentrazione verso elementi o eventi negativi della vita, facendoli crescere al punto di generare e far emergere una realtà distorta del mondo che lo circonda, inducendolo ad un elevato stress psicosociale e relazionale sia con il lavoro che con i colleghi di lavoro.
Il “sentirsi sicuri”, da sempre ritenuto un bisogno dell’individuo (Maslow, 1954), diviene una necessità del gruppo nel momento in cui si fa riferimento all’ambito lavorativo e, poiché la motivazione fondamentale al lavoro è la tendenza al benessere (Spaltro, 2003), fare prevenzione in materia di sicurezza significa promuovere benessere: l’individuo sicuro è un soggetto che sta bene, la comunità sicura è una comunità sana.
Tratto da A. Sada, La sicurezza condivisa per il benessere lavorativo, in A. Crescentini, A. Sada, L. Giossi (a cura di), Elogio alla sicurezza, op. cit., p. 68.
Cosa si intende per salute
La salute secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità: “Stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità (OMS-1948)”.
Questa definizione è stata ripresa dall’art. 2, comma 1, lett. o) del D.Lgs. n. 81/08, che definisce la salute come uno “stato di benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o di infermità.” Secondo la Carta di Ottawa (Prima Conferenza Internazionale per la Promozione della Salute, 21 novembre 1986), “la salute è percepita come una risorsa per la vita quotidiana e non come il fine della vita”.
Salute a lavoro e stile di vita
Lo stato di salute sul lavoro è correlata ad una corretta valutazione dei rischi legati a comportamenti e abitudini distorte.
Quindi la sorveglianza sanitaria è legata anche a forme di prevenzione orientate a verificare e monitorare lo stato di salute in relazione agli stili di vita, come l’abitudine al fumo; l’abuso di alcool; l’assenza di attività fisica; l’adozione di una dieta non sana, i quali sono tutti fattori che incidono fortemente sul benessere della persona.
Alimentazione e dieta
Nell’attività medica di sorveglianza sanitaria è ben nota la correlazione tra dieta poco sana e ripercussione sull’attività lavorativa, con un incremento dei giorni di malattia e una maggiore esposizione al rischio infortuni.
Una corretta alimentazione consente un comportamento e una funzionalità fisica sul lavoro che permette al lavoratore di ridurre gli infortuni, potendo fare molto per prevenire anche le malattie, si tratta semplicemente di cambiare abitudini e ridurre l’esposizione, spesso inutile, ai più noti fattori di rischio e adottare così uno stile di vita di qualità.
Informare i lavoratori sulle corrette abitudini alimentari
È importante educare ed informare i lavoratori su come alimentari ottenendo un miglioramento positivo delle performance individuali e sulla prevenzione del rischio, legato alla mansione specifica del lavoratore.
È evidente come l’alimentazione possa variare con il periodo invernale e quello estivo, e deve essere correlata al tipo di mansione . in relazione alla necessità di uno sforzo fisico o alle condizioni ambientali del luogo di lavoro .
Valutare i rischi della cattiva alimentazione
Diventa fondamentale valutare anche il rischio correlato a tale fattore coinvolgendo anche i lavoratori, sensibilizzandoli all’importanza di un buon stile di vita.
Il coinvolgimento del medico competente e la sua consultazione è strategico per ottenere un risultato in merito alle misure di prevenzione che ciascun lavoratore dovrà adottare, anche in relazione allo stato di salute attuale del lavoratore stesso.
È importante variare quindi l’ottica di un lavoratore, visto come soggetto passivo che deve rispettare le disposizioni impartite dal datore di lavoro o dalle normative vigenti, mettendo in rilievo un processo condiviso con i vari attori aziendali, e quindi con un ruolo attivo di collaborazione nel processo valutativi dei rischi e nelle misure di prevenzione.
Nell’ambito del concetto di salute come complesso di benessere fisico, mentale e sociale occorre definire un piano alimentare da consigliare ai lavoratori e programmare degli incontri per promuovere un corretto stile di vita, ponendo in risalto il valore di una sana e corretta alimentazione.
Il rischio alimentare
Nell’ambito dei vari rischi già codificati dalla letteratura , dai dati raccolti e dai fattori posti in evidenza dallo IARC, dall’ INAIL ecc. va aggiunto anche il rischio alimentare che può influenzare il comportamento del lavoratore.
Lo stato di salute è anche strettamente connesso al rischio :
- legato alla necessità di alimentarsi velocemente per il pco tempo a disposizione
- ai ritmi veloci del lavoro
- alle condizioni ambientali del luogo di lavoro
- ai turni notturni
- alla impossibilità di avere spazi idonei per mangiare e rilassarsi
- a stili alimentari sbagliati o squillibrati
- per mancanza di una varietà sana di alimenti e, di conseguenza, a fattori di fiacchezza o a un deficit di attenzione nel dopo pasto.
Questa tipologia di rischio prevede una valutazione strutturata, all’interno dell’organizzazione, aziendale per nutrirsi in maniera più sana, ai fini della tutela della propria salute, prevenendo il rischio infortuni e migliorando la qualità del lavoro e dell’ambiente .
Nel 2005, l’Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO) evidenziava quanto una scorretta alimentazione potesse provocare una perdita della produttività del 20%.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che il 50% delle patologie maschili e il 25% di quelle femminili, in Europa, sono legate a stili di vita non salutari, tra i quali una dieta sbilanciata.
Secondo il rapporto Osservasalute 2016, che fa riferimento ai risultati dell’Indagine Multiscopo dell’Istat “Aspetti della vita quotidiana” emerge che, in Italia, nel 2015, più di un terzo della popolazione adulta (35,3%) è in sovrappeso, mentre una persona su dieci è obesa (9,8%); complessivamente, il 45,1% dei soggetti di età ≥18 anni è in eccesso ponderale.
La percentuale di popolazione in eccesso ponderale cresce all’aumentare dell’età e, in particolare, il sovrappeso passa dal 14% della fascia di età 18-24 anni al 46% tra i 65-74 anni, mentre l’obesità passa, dal 2,3% al 15,3% per le stesse fasce di età. Inoltre, la condizione di eccesso ponderale è più diffusa tra gli uomini rispetto alle donne (sovrappeso: 44% vs 27,3%; obesità: 10,8% vs 9%).