I testimoni di Geova devono rispettare le norme Ue in materia di protezione dei dati personali, disciplinate dalla direttiva 46 del 1995.
Lo ha detto la Corte di giustizia dell’Unione Europea, che ha sancito che “l’attività di predicazione porta a porta dei membri della comunità dei testimoni di Geova non rientra tra le eccezioni previste dal diritto dell’Unione in materia di protezione dei dati personali”. Attraverso l’attività di predicazione infatti, i membri della comunità entrerebbero in possesso di informazioni sensibili dei cittadini, che le Istituzioni devono tutelare.
Testimoni di Geova: attenzione alla privacy
Il dubbio in merito alla questione era stato sollevato dalla Corte amministrativa suprema della Finlandia, per accertare se i membri delle comunità religiose dovessero rispettare le regole europee in tema privacy. La Commissione Finlandese per la protezione dei dati aveva vietato nel 2013 alla comunità locale dei Testimoni di Geova di raccogliere dati personali durante l’attività porta a porta.
Secondo la sentenza della Corte europea, i predicatori prenderebbero “appunti sulle visite effettuate a persone che né essi, né la comunità conoscono”. Gli appunti sarebbero in gran parte dati sensibili: “Possono comprendere il nome e l’indirizzo delle persone contattate porta a porta e informazioni sul loro credo religioso e sulla loro situazione familiare” e vengono raccolte come promemoria per una futura visita “senza che le persone interessate vi abbiano acconsentito o ne siano state informate”. Grazie alla raccolta dei dati, i testimoni di Geova sono in grado di organizzare l’attività porta a porta, creando “mappe sulla cui base sarebbe realizzata una ripartizione in zone tra i membri predicatori e tenendo schedari sui predicatori e sul numero di pubblicazioni della comunità diffuse da questi ultimi”.
Nel caso in cui i cittadini non accettino la visita, vengono inseriti “in un elenco delle persone che hanno espresso la volontà di non ricevere più visite da parte dei membri predicatori; i dati personali che figurano in tale elenco sarebbero utilizzati dai membri della comunità”.
Paolo Mengozzi, avvocato generale della Corte, ha definito tre principi. L’attività di predicazione porta a porta rientra nelle regole Ue. L’attività è soggetta alle norme Ue in quanto “non costituisce un’attività esclusivamente personale o domestica”, come invece ritenevano i Testimoni di Geova finlandesi. Inoltre, si può considerare come “archivio” l’elenco dei dati raccolti durante le visite, perché la comunità crea “un insieme di dati personali raccolti nell’ambito di un’attività di predicazione porta a porta e contenente nomi, indirizzi e altre informazioni riguardanti le persone contattate porta a porta”. I dati sono strutturati e ordinati in modo da poter essere recuperati facilmente.
Comunità religiosa come responsabile del trattamento dei dati personali
Infine, il diritto Ue permette di considerare anche una comunità religiosa come responsabile del trattamento dei dati personali, “anche qualora essa non abbia direttamente accesso ai dati personali rilevati dai suoi membri”. Per ritenere una comunità responsabile, basta che si “eserciti un’influenza effettiva sull’attività di raccolta e di trattamento dei dati personali”.